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Cosa significa giocare con le emozioni? Esistono strumenti ludici che ci permettono di farlo, noi ne abbiamo ideato uno: i pupazzetti delle emozioni.
Possiamo definire emozioni una reazione psicofisica a stimoli esterni. L’arrivo di una persona, un rumore forte, una sorpresa, un profumo, un buon cibo, un film, una canzone, una brutta notizia: un infinito elenco di eventi, esperienze, sollecitazioni che ci attivano a livello dei cinque sensi e, di conseguenza, mobilitano il corpo e la psiche i quali, a seconda della lettura che ne fanno, provocano una reazione fisiologica che possiamo appunto definire emozione.
Una prima utile distinzione può essere fatta tra emozioni primarie ed emozioni secondarie.
Emozioni primarie: esistono teorie discordanti su quali esattamente siano, ma si concorda sul fatto che siano quelle esistenti fin dalla nascita e presenti in tutti i mammiferi. Sono legate alla sopravvivenza della specie e per questo più semplici, meno filtrate, istintive e immediate. Sicuramente vi rientrano gioia, tristezza, rabbia, paura, disgusto e sorpresa
Emozioni secondarie: sono quelle più elaborate, complesse che, grazie alle esperienze vissute, vanno a complessificare le emozioni primarie. Una versione più evoluta che caratterizza gli esseri umani e li distingue dagli altri mammiferi (anche in questo caso esistono numerose ricerche che le individuano in alcune specie animali). Sono vergogna, timore, disapprovazione, rimorso, disprezzo e tante altre, così tante che forse non sarebbe nemmeno possibile catalogarle tutte e questo rende gli esseri umani individui piuttosto complicati e misteriosi!
Per approfondire il tema esistono numerose letture e testi sia scientifici, sia divulgativi.
Vi consigliamo questo approfondimento sugli studi di Ekman, in merito alle espressioni facciali associate alle emozioni.
Ovviamente vi consigliamo anche la visione del film animato Inside Out, di cui lo stesso Ekman è stato psicologo consulente.
Si tende spesso a differenziare le emozioni, dividendole in buone e cattive, con la conseguenza di censurarne alcune, considerarle da evitare in ogni modo, da non esprimere e comunicare. Questa tendenza diffusa può creare danni evolutivi, veri e propri disturbi legati al fatto di non essere riusciti a creare uno spazio per i vissuti emotivi e la loro elaborazione, legata a situazioni traumatiche o semplicemente dolorose.
Possiamo sicuramente affermare che alcune emozioni non siano piacevoli da sperimentare, come la tristezza o la vergogna, ma è proprio la loro spiacevolezza a creare un segnale di allarme, un insieme di sensazioni che ci possono portare a riflettere e a leggere correttamente la situazione in cui ci troviamo. Facciamo un esempio: un bambino si trova insieme alla mamma, che si allontana per parlare con una persona. Il bambino prova paura, un’emozione che potrebbe bloccarlo, ma anche attivarlo, farlo urlare, piangere, richiamare l’attenzione. La mamma si girerà e tornerà da lui per rassicurarlo. Questo comportamento animale e primario, successivo a quell’emozione di allarme, permette ai mammiferi di trovare il giusto modo per reagire ai pericoli. Compito dell’adulto non è censurare l’emozione, ma accompagnare il piccolo umano (e mammifero) a riconoscere la situazione, trovare il modo migliore per esprimersi e affrontare ciò che sta accadendo, diventare sempre più autonomo e indipendente.
In qualità di psicologhe e psicoterapeute che lavorano prevalentemente in ambito clinico, ci troviamo quotidianamente a lavorare con le emozioni delle nostre e dei nostri pazienti. Auspichiamo che riescano a farle emergere, a comunicarle, esprimerle, contattarle, associandole a esperienze di vita presenti e passate. Il lavoro della/del terapeuta è quello di riconoscerle, far prendere consapevolezza,significarle e trovare il modo più funzionale ed evolutivo possibile per portarle nelle proprie relazioni inter e intrapersonali.
Molte persone, a causa di traumi irrisolti, emozioni censurate, non riconosciute, sminuite, negate, si trovano, da adulte, a dover ricostruire il mosaico emotivo, a “ricominciare da capo”, come un computer che non funziona più correttamente e va resettato. I pupazzetti, nella loro semplicità morfologica, grazie a colori semplici ed espressioni primarie, aiutano a riprendere le fila, ad attribuire a situazioni anche banali il loro significato emotivo di base. Si possono utilizzare con bambini e adulti, singolarmente o in gruppo.
L’esercizio terapeutico proposto può essere utilizzato individualmente, in coppia o in gruppo. Proviamo a pensarlo in una terapia di coppia.
I due partner raccontano ciascuno la propria versione di un problema che caratterizza la loro coppia. Il/la terapeuta sceglie dieci carte Dixit e chiede loro di sceglierne una o più per rappresentare ciò che hanno esposto. Chiede, inoltre, di collocare uno o più pupazzetti rappresentanti le emozioni primarie più la secondaria delle emozioni sopra le carte scelte. A questo punto parte il lavoro di lettura, presa di consapevolezza e confronto dei due mondi relazionali, emotivi, cognitivi, inconsci e profondi e si procede a raccontare una storia condivisa che comprenda tutti i pezzi.
Esistono numerosi modi per lavorare con le emozioni. Ne esistono altrettanti per utilizzare questo strumento ludico da noi ideato: se vuoi approfondire vieni a conoscere il nostro corso dedicato a un tema molto delicato, ma purtroppo anche molto diffuso Il gioco delle emozioni – L’utilizzo dei burattini a dita e delle carte Dixit per l’elaborazione del trauma da violenza assistita
Buone emozioni!
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